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Il Mistero dell'Isola di Sullivan

Il Mistero dell'Isola di Sullivan


Il Mistero dell'Isola di Sullivan - Estratto del libro

Capitolo Uno

Marie aveva ancora davanti agli occhi l’immagine di Billy Cooper col viso coperto di lacrime mentre lei aspettava che Champ si addormentasse. Aveva cercato di spiegargli che si trattava solo di un intervento di routine ma Billy non riusciva a capire cosa avesse a che fare quell’operazione col fatto che Champ non poteva più avere cuccioli. Marie sorrise e accarezzò il setter irlandese, cominciando a radere e disinfettare l’area in cui avrebbe eseguito l’incisione.

Un attimo prima di iniziare a incidere, con la coda dell’occhio Marie intravide l’ombra di un bambino sui sei anni. Se ne stava lì a fissarla. Chiuse immediatamente gli occhi e cercò di scacciare lo spirito dai suoi pensieri. Quando li riaprì il bambino non c’era più.

Dolcemente, sussurrò a Champ. “Scusa per l’interruzione, ragazzone. Meglio continuare, così ti riporto da Billy. Meno tempo passiamo qui dentro, meglio sarà per lui e le sue ansie.”

Terminato l’intervento, Billy e sua madre Jane aiutarono Marie e caricare con cura Champ sul retro del loro SUV. Billy si emozionò solo a vedere Champ agitare un po’ la coda.

Marie gli raccomandò: “Ora, ricorda di seguire le istruzioni che ti ho dato per Champ. Oggi lo vedrai un po’ assonnato, ma è normale. Non gli darei da mangiare niente fino a stasera. Chiamami se ci sono cambiamenti, ma sono sicura che starà bene.”

Billy sorrise e cominciò a leggere le istruzioni. “Imparerò tutto a memoria, così potrò essere sicuro che Champ guarirà. Grazie, dottoressa Bartek. Lei è la migliore veterinaria di sempre.”

Marie li salutò e li guardò andar via. Aveva quasi dimenticato lo spirito che aveva intravisto nella sala operatoria. Decise che, non appena avesse finito con gli appuntamenti, avrebbe chiamato la sua migliore amica, Gale Winters, così da continuare quella loro conversazione riguardo la possibilità di creare un gruppo di indagine sul paranormale. Erano passati quasi diciotto anni dal suo ultimo incontro con uno spirito. Era venuto il momento di andare a fondo alla questione, capire perché quella sua particolare abilità stesse riemergendo.

Finito di lavorare, Marie si avviò a piedi a casa di Gale, persa nei suoi pensieri. Solo ora si rese conto che la chiamata di prima all’amica era sembrata un po’ ambigua, anche se Gale aveva capito. Oltrepassando la Taverna di Poe, Marie proseguì per la sua strada, entusiasta di quanto semplice fosse spostarsi a piedi ovunque in città. Abitare sulla spiaggia lo rendeva conveniente. Il fatto che Gale vivesse a sole tre case di distanza da lei era un ottimo bonus. Marie ricordava bene il suo primo incontro con la donna, quando si era appena trasferita sull’Isola di Sullivan, in South Carolina: da amante dell’antiquariato, si era subito fermata al negozio, finendo con l’adorare Gale e la sua collezione.Non c’era voluto molto perché diventassero grandi amiche.

Lo stile di vita spensierato e completamente random di Gale divertiva Marie. L’amica non aveva peli sulla lingua, se c’era da attaccar briga certo non si tirava indietro: era l’esatto opposto di Marie. Gale era di poco più alta di lei, con dei capelli così neri che a Marie ricordavano il carbone, i suoi occhi erano altrettanto scuri e la sua pelle era olivastra. Poteva indossare i calzoncini in qualunque momento dell’anno e apparire comunque abbronzata, come se avesse appena passato una giornata distesa al sole. Marie invidiava il fisico snello e slanciato di Gale, ciononostante si sentiva perfettamente a suo agio nel suo. Era sicura di poter tranquillamente competere con Gale in quel campo. Dopotutto, diversi uomini avevano detto di amare i suoi lunghi capelli biondi e gli occhi verdi, senza contare il suo fisico asciutto, da nuotatrice. Il nuoto era la sua più grande passione, e la principale ragione per cui aveva abbandonato i freddi inverni del Rhode Island in favore dell’Isola di Sullivan.

Marie svoltò l’angolo verso il vicolo e subito intravide l’insegna del negozio di Gale. Era chiuso. Le viole e le petunie, i cui colori erano in contrasto col pallido verde acqua della casa, traboccavano dal vaso sul davanzale. Si trattava di un cottage vecchio stile, con una porta di colore rosso acceso e una zanzariera messa lì alla buona.

Sbirciando attraverso la porta a zanzariera, Marie vide Gale intenta a stava togliere il bollitore dal fuoco. “Entra pure, sono in cucina,” disse quando la sentì bussare.

Marie lasciò che la porta sbattesse nel chiudersi dietro di lei, e si diresse sul retro, seguendo un delizioso aroma di cannella. Entrò in cucina e colse la colpevole in flagrante. “Oh, Gale, sai che sono a dieta, perché mi torturi preparando queste meravigliose focacce alla cannella?”

Gale sorrise, versando il tè. “Perché siamo entrambe a dieta e mi piace avere compagnia quando cado in tentazione.”

Marie rise e addentò una focaccia. “Oh, cielo, sono divine. È proprio quello che mi ci voleva dopo quello che è successo oggi in clinica.”

Gale afferrò una focaccia, inebriandosi dell’aroma prima di assaggiarla. “Sì, sei stata molto vaga al telefono. Posso solo presumere che tu abbia avuto un altro, come dire, incontro? Questo è il terzo in un mese. Secondo te perché sono sempre più frequenti adesso?”

Marie si sedette, soffiando sul suo tè prima di berne un sorso. “Non lo so. Ma sono felice di avere qualcuno come te con cui confidarmi. Sai, vivo qui da sette anni ormai, e ancora non riesco a capire perché questo mio particolare talento abbia deciso di ritornare proprio ora. Pensavo di essermene disfatta già quando vivevo nel Rhode Island.”

Gale si sedette su una sedia, osservando bene il viso di Marie, e poggiò i piedi sullo sgabello. “Giusto; mi hai detto che l’ultima volta che è successo avevi 12 anni circa. I tuoi genitori ti guardavano come se fossi impazzita, hai detto.”

Marie sospirò. “Sì. Non mi sgridavano né rimproveravano, ma odiavo il modo in cui mi guardavano. Poi i vicini cominciarono a sparlare, mettendo in discussione le credenze religiose della mia famiglia. Il fatto che i miei fratelli mi prendessero in giro certo non aiutava. Credo fossero soltanto gelosi.”

Gale allungò una mano per prendere un’altra focaccia, ma poi ci ripensò. “Non c’era un ragazzino con cui ti confidavi? Com’è che si chiamava?”

“Oh, sì, Davy McGee. Era un tipo un po’ strano.” Marie addentò l’ultimo boccone della sua focaccia, tornando con la mente al suo vecchio amico. “Ti ho mai detto che sua madre si suicidò?”

Gale trasalì, “No, non lo sapevo. Che tragedia.”

“Sì, una tragedia. Davy mi chiedeva sempre si parlare con lo spirito di sua madre. Voleva che le chiedessi perché l’aveva fatto. Il fatto è che, tutti in città sapevano che suo marito la picchiava. Credo che solo Davy non ne avesse idea.”

Gale si verso un’altra tazza di tè. “E ci sei riuscita a comunicare con sua madre?”

Marie rimase in silenzio per un momento, girando il cucchiaino nel tè. “Sì, ci parlai. Mi disse che non riusciva più a sopportare quelle violenze, perciò si impiccò. Davy se la prese con me. Disse che ero un’idiota e un’imbrogliona. Da allora non mi rivolse più la parola. Credo sia stato a quel punto che ho cominciato a reprimere il mio talento. Pensai che se quella sarebbe stata la reazione della gente, allora non volevo più vedere né parlare con gli spiriti.”

Gale rispose, “Ti capisco. Mi chiedo cosa abbia risvegliato questa tua abilità. Ecco, a tal proposito, quando pensi di cominciare a organizzare il gruppo sul paranormale? Ne abbiamo parlato così a lungo che credo che dovremmo finalmente fare sul serio. Abbiamo anche abbastanza persone interessante, penso.”

Marie annuì. “Sono d’accordo. Chi è che c’era nella lista?”

Gale prese un’altra focaccia e il foglio con su scritti i nomi. “Beh, vediamo, ci sono Mimi e Jim Rawlings. Mimi chiude la farmacia alle sei, e credo che Jim possa trovare qualcuno che lo sostituisca al mini-market per una sera. Il bel comandante dei vigili del fuoco, Tim Haines, dovrebbe essere in grado di liberarsi per una sera. Myra Cummings è in pensione, quindi non dovrebbero esserci problemi, a meno che non abbia una lettura della mano da fare. Harry Connor lavora durante il giorno, perciò credo sia libero la sera.”

 “Harry Connor? Oh, giusto, è lo psicologo della scuola, oltre che un demonologo.” Marie finì di bere il suo tè e si alzò per sgranchirsi. “Come lo è diventato? In effetti, non ricordo più perché tutta questa gente vuole aiutarci col nostro gruppo, a parte Myra ovviamente.”

Gale andò al lavandino per riporre i piatti sporchi. “Beh, credo che ognuno di loro abbia avuto una qualche esperienza con l’aldilà. Mimi e Jim hanno avuto una visione il primo periodo dopo il matrimonio, quando Mimi era incinta di Amanda. Tim credo sia solo curioso e affascinato dalla faccenda, anche se dice di sentire voci di notte in caserma. E Harry, beh, Harry dice che suo cugino di secondo grado è stato posseduto, perciò è diventato demonologo.”

Marie si appoggiò al bancone. “Beh, mi pare sia un bel gruppetto. Perché non chiami Tim, Mimi e Jim per metterci d’accordo su un giorno in cui incontrarci? Io chiamo Myra e Harry. Possiamo vederci sabato sera alle sei a casa mia, ci troviamo nella stanza sopra al garage.”

Gale sorrise, “Mi sembra un ottimo piano. Oh, a proposito, pensi che dovremmo aggiungere il Comandante Miller alla lista?”

Marie quasi fece cadere la tazza di tè. “Cory Miller? Perché mai mi chiedi una cosa simile?”

Gale rise, spiegando, “Perché mi pare di capire che hai una cotta per lui.”

“Davvero divertente. Non ho nessuna cotta. E poi lui ha messo bene in chiaro il suo scetticismo.”

“Come lo sai?” Gale buttò le foglie di tè usate nella spazzatura.

Marie si mise di nuovo a sedere, sospirando. “Perché Myra mi ha detto che un paio di volte si è offerta di leggergli la mano e lui ha sempre, seppure gentilmente, rifiutato.”

Gale cominciò a lavare i piatti. “Beh, certo, ma non significa che non possiamo fargli cambiare idea. Molte persone non credono nei fantasmi finché non si ritrovano davanti situazioni incomprensibili. Dopotutto anch’io ero così. Solo quando ho visto mia madre ai piedi del letto, il giorno dopo che era morta, ho cominciato a credere. Nessun altro in famiglia riusciva a vederla, perciò sai com’è.”

Marie sorrise, “Sì, suppongo che tu abbia ragione. Cory è carino, non trovi? Voglio dire, il tipo bello, alto, moro ha sempre il suo perché.”

Gale rise, e prese in mano il cellulare. “Incomincio a fare qualche chiamata. Perché non prendi la mia rubrica e fai lo stesso? Questo sabato si va in scena.”

Marie aprì la rubrica e cercò i contatti di Myra e Harry. Riuscirono a contattare tutti in pochi minuti e organizzarono l’incontro. Solo a pensare che stesse davvero succedendo Marie sentiva le farfalle nello stomaco. O forse era il pensiero di Cory a provocarle quella sensazione? Ogni volta che pensava all’eventualità di conoscerlo meglio si tirava indietro, consapevole che quel suo particolare talento l’avrebbe quasi certamente fatto scappare.

Scacciò Cory dai suoi pensieri come aveva già fatto con quello spirito bambino al mattino. Erano questioni da posticipare a data da destinarsi. Per ora voleva concentrarsi su come organizzare questo gruppo sul paranormale e scoprire perché era di nuovo in grado di vedere gli spiriti.

Capitolo Due

Dormire fino alle otto e mezza di sabato mattina fu un toccasana per Marie, specie visto che normalmente le sue giornate cominciavano ancora prima dell’alba. Sentire i miti raggi di sole sul visto mentre tirava su la muta era piacevole. Sebbene fosse giugno, la temperatura dell’acqua nell’oceano era ancora piuttosto gelida. Marie uscì fuori sulla piccola veranda solarium e stiracchiò gambe e braccia, inebriandosi del profumo delle rose del suo giardino quanto dell’odore salino dell’oceano. Non si stancava mai di quella combinazione di aromi.

Una volta che i suoi muscoli furono ben distesi, Marie fece di corsa il centinaio di metri fino alla riva e, gradualmente, si immerse. Quando non riuscì più a toccare il fondo, cominciò a nuotare. Lo stress svanì del tutto, liberando la sua mente, a ogni bracciata si sentì euforica, come rinata. Al risveglio, una miriade di pensieri sfocati aveva affollato la sua mente, ma ora, sentendo l’acqua fredda dell’oceano sul viso, la nube di preoccupazioni si era diradata.

Era eccitata all’idea dell’incontro di quella sera col gruppo sul paranormale. Durante tutta la settimana aveva cercato di farsi venire in mente un nome per la loro associazione. Ce n’era uno in particolare che secondo lei sembrava  fare al caso loro e Marie sperava che gli altri la pensassero allo stesso modo.

Una volta terminate le vasche, si diresse verso la riva per riprendere fiato e dedicarsi allo stretching post-nuotata. Farsi una bella nuotata nell’oceano era stata un’ottima idea. Normalmente preferiva la piscina mono-corsia dentro casa, ma la giornata era davvero troppo bella per rinunciare a un po’ di sole. Controllando le sue pulsazioni, Marie lasciò cadere l’occhio sui gabbiani che piombavano in picchiata sulla loro colazione. Mentre si rialzava intravide con la coda dell’occhio un’ombra furtiva che però scomparve quasi subito. Cercò in ogni direzione, ma niente.

La camminata di ritorno fu meno spensierata della corsetta di andata, ma Marie volle ignorare quelle sensazioni e scelse invece di concentrarsi sul suo cottage in legno a due piani, con pareti di colore giallo ranuncolo, circondato tutt’intorno da un portico. Le grandi sedie a dondolo, di colore rosso acceso, oscillavano delicatamente alla brezza mattutina. Marie si sentiva incredibilmente fortunata ad essere riuscita a comprare quel cottage, sebbene il prezzo, piuttosto pesante, da pagare per quell’angolo di paradiso fosse stato perdere la sua zia preferita e la nonna. Sua zia Ruth non si era mai sposata e il cancro al seno se l’era portata via nei migliori anni della sua vita. La donna aveva lasciato a Marie un fondo fiduciario piuttosto cospicuo che le aveva permesso di comprare quella proprietà sulla spiaggia per soli settecentocinquantamila dollari. Coi prezzi del mercato immobiliare di oggi avrebbe potuto facilmente rivendere a un milione e mezzo. Ma Marie non ne aveva la più minima intenzione.

Una volta giunta alla veranda, le sue narici poterono immediatamente inebriarsi dell’aroma di caffè appena fatto. Avere un timer per la macchinetta era molto utile. Si versò una tazza e afferrò una padella dalla lavastoviglie. Quella mattina la scelta cadde sui pancakes al grano saraceno, dunque versò la pastella nella padella. Dopo aver aggiunto i mirtilli al preparato, infilò del bacon nel microonde, impostò il time e, divincolandosi un po’, si tolse la muta. Prese dei vestiti puliti dall’asciugatrice e se li infilò. Nuotare le metteva sempre un grande appetito e la colazione era il suo pasto preferito della giornata.

La vista dalla cucina era magnifica, con l’oceano che si estendeva a vista d’occhio. Le dune erano ricoperte di erba di Lyme che ondeggiava al vento. Mentre aspettava che i pancakes fossero pronti, Marie rimase ad ammirare la spuma bianca che si abbatteva sulla riva per poi tornare indietro, lasciando una scia di conchiglie sulla sabbia.

Fece colazione sulla veranda, con l’Island Eye News davanti. Sorrise nel leggere l’articolo dedicato al Ben Sawyer Bridge. Marie sarebbe andata volentieri alla cerimonia d’inaugurazione, ma aveva avuto un’emergenza barboncino con occlusione intestinale. Notò il Comandante Miller nella foto di gruppo.

“È proprio vero quello che dicono degli uomini in uniforme,” si disse.

Dopo colazione si versò un’altra tazza di caffè e gironzolò nel retro per liberarsi delle foglie di palma rimaste a terra dall’ultimo temporale. Proprio mentre poggiava la tazza di caffè sulla ringhiera della veranda, lo spirito del bambino che le era apparso alla clinica ricomparve, stavolta a poco più di mezzo metro da lei. Marie rimase impietrita. Le sembrò che fosse passata un’eternità quando, finalmente, le parve di vedere le labbra del ragazzino muoversi, ma non riusciva a capire cosa stesse dicendo. Riuscì a distinguere solo le parole aiuto e pericolo. Quando provò a chiedergli cosa stesse dicendo, lui svanì.

Marie stava cercando di ricominciare a respirare quando Gale spuntò da dietro di lei.

La donna notò il viso pallido dell’amica. “Ehi, non volevo spaventarti. Con chi stavi parlando?”

Marie si aggrappò la ringhiera e si sedette sugli scalini. “Era lo stesso ragazzino che ho visto in clinica. Solo che questa volta ha parlato.” Lasciò cadere il viso tra le mani. “Sono riuscita ad afferrare solo aiuto e pericolo. Accidenti, è stato davvero inquietante.”

Gale si sedette accanto a lei e le cinse le spalle. “Credo che l’incontro di stasera si rivelerà davvero interessante, che dici?”

Marie risollevò la testa e accennò un sorriso. “Sì, sicuramente.”

Gale bevve un sorso del caffè dell’amica, decidendo di cambiare argomento. “Ti serve aiuto per rimettere a posto il garage?”

“No, ho ripulito ieri sera. Avevo difficoltà a dormire. Ho acceso sia la ventola che l’aria condizionata. Dovremmo stare piuttosto comodi.”

Gale chiese, “Ehi, hai visto l’articolo sul Ben Sawyer Bridge? Non ti sembra che quel fusto del comandante Cory stesse una favola? Tra l’altro, ha chiesto di te. Gli ho detto del povero barboncino. Ha detto che domani passerà di qua, diciamo per vedere come ti vanno le cose.”

Marie ridacchiò e disse, “Sei proprio decisa a farci mettere insieme, eh? Senti, andiamo dentro e cominciamo a mettere a posto i documenti per la SIPS.”

“E che accidenti sarebbe la SIPS?”

Marie andò verso le scalette. “È il nuovo nome per il nostro gruppo. Che ne pensi? Società Paranormale Isola di Sullivan. Mi è venuto in mente questa settimana. Speravo potesse andare.”

Gale la seguì nell’ingresso e quasi inciampò in una grossa valigia. “Cos’è questa? Quasi mi rompevo l’osso del collo.”

Marie spinse via la valigia. “Oh, scusa, è l’attrezzatura che stavo raccogliendo.” Notando l’aria confusa dell’amica, aggiunse, “Sai, qualche registratore digitale, delle radio ricetrasmittenti, torce a LED e una fotocamera digitale. Ehi, non mi hai detto cosa pensi del nome.”

Gale bypassò la valigia e si sedette sulla panca. “Beh, vediamo … SIPS, suona abbastanza bene, direi. Non pensavo che avremmo avuto un nome.”

Marie aprì la valigia e cominciò a tirare fuori l’attrezzatura, riponendola sul tavolo di antiquariato in noce che aveva comprato da Gale. “Beh, certo che avremo un nome. Voglio registrare il marchio, renderlo ufficiale. Qui non si parla solo di caccia ai fantasmi. Dai, aiutami a portare questa roba nella stanza sopra il garage, così ci prepariamo per l’incontro di stasera.”

Sebbene non particolarmente entusiasta, Gale si unì all’amica nel trasporto degli strumenti e qualche sedia. “Devo ammetterlo,” disse, “senza dubbio hai buon occhio per l’arredamento. Quando hai comprato questi pezzi di antiquariato da me avevo qualche dubbio su che figura avrebbero fatto in un cottage sulla spiaggia. Chi avrebbe mai immaginato che i mobili in noce potessero stare così bene in una stanza blu pallido con una grossa sedia imbottita e un divano a fiori?”

Trascorsero il resto della giornata a riordinare il quartier generale della SIPS e a preparare spuntini per la riunione. Una volta finito, Gale decise di tornare a casa a fare una doccia e a prendere la tequila. Mise bene in chiaro che avrebbe avuto bisogno di qualche margarita prima di cominciare a parlare di fantasmi e attività paranormali.

Myra fu la prima ad arrivare. Portò patatine, salsa e un grosso raccoglitore pieno di scartoffie, le quali, come spiegò a Marie e Gale, rappresentavano tutti i suoi appunti e i diari dei suoi anni da medium. Visto il suo particolare gusto in fatto di abbigliamento, la gente dell’Isola di Sullivan riteneva Myra un po’ eccentrica. Quella sera indossava pantaloni fucsia e una camicetta blu con motivo cachemire, tacchi alti. I suoi orecchini si abbinavano al rosso acceso del fard che le copriva le guance, e gli anelli, troppo grandi, ruotavano attorno alle sue dita ossute. Myra aveva solo 62 anni, ma i tanti anni da fumatrice le davano l’aspetto di un’ottantenne.

Dopo di lei arrivarono Jim, Mimi e Tim. A giudicare dal modo in cui lei gli urlava contro, come al solito, Jim e Mimi erano nel bel mezzo di un’animata discussione. Quando Marie aprì la porta sulla scena, Tim si limitò a scrollare le spalle. Tim che, col suo metro e novantacinque di altezza, riusciva a malapena a passare attraverso l’entrata. Aveva il fisico perfetto per un capo dei pompieri. I suoi capelli castani avevano un taglio militare, ma il tratto che più colpiva erano i suoi penetranti occhi azzurri, dei quali Gale parlava piuttosto spesso, sebbene Marie fosse convinta che l’amica fosse più incuriosita dalle grandi mani e dai piedi.

Jim e Mimi si somigliavano a malapena. Jim era alto quanto Marie e pesava meno di Myra, mentre Mimi appariva abbastanza più alta di Jim e ben piazzata fisicamente. Smisero di discutere quasi subito e si sedettero l’uno di fronte all’altra, senza smettere di fissarsi. Erano ormai tutti abituati alle loro scenate perciò li ignorarono e presero posto attorno al tavolo.

Harry fu l’ultimo ad arrivare, e una volta fatto un saluto generale, si sedette accanto a Jim. I suoi occhiali, come al solito, erano tenuti insieme da del nastro adesivo. I suoi capelli grigi erano arruffati e al gilet mancava un bottone. Marie non si capacitava di come lui potesse indossare un completo con quel caldo. Il sudore gli gocciolava dal sopracciglio, il che lo costringeva ad asciugarlo di continuo con un fazzoletto. Non importava quanto torrido potesse essere il clima, Harry non allentava mai la sua cravatta.

Marie si versò un margarita e si mise a sedere. “Ciao a tutti, mi fa piacere che siamo riusciti a incontrarci stasera. So quanto sia difficile sincronizzare i nostri impegni. Sono quasi cinque mesi che Gale e io parliamo di creare un gruppo sul paranormale, e, dopo aver sondato un po’ il terreno, credo che abbiamo formato un bel gruppetto con cui cominciare.”

Myra rispose, “Sono davvero eccitata all’idea, Marie. Sai che darò tutto l’aiuto che posso, ma non ho la più pallida idea di come si vada a caccia di fantasmi.”

Mimi smise di lanciare occhiatacce a Jim per unirsi all’anziana medium nelle esternazioni di entusiamo: “Sono eccitata anch’io. Se ricordo bene, qui abbiamo un po’ tutti avuto esperienze paranormali in qualche modo. Sbaglio?”

Tim azzannò un pezzo di pizza alle verdure. “Beh, io non ho avuto un’esperienza concreta. È solo che sento strani rumori in caserma, anche alcuni dei ragazzi dicono lo stesso.”

Harry si asciugò il sudore ancora una volta e poi ripose il fazzoletto nella tasca del gilet. “Io invece ho avuto a che fare con un bel po’ di attività paranormali, oltre che esorcismi. Sono un po’ scettico per quanto riguarda questa faccenda della caccia ai fantasmi, però. Non credo sia una buona idea. Potremmo inciampare in più problemi di quanti siamo disposti ad affrontare.”

Marie annuì. “Credo che avere opinioni diverse non potrà che rendere la nostra caccia più accurata. Jim, vuoi aggiungere qualcosa?”

Jim finì in un sorso il suo margarita, ignorando l’espressione inorridita di Mimi. “Sì, vorrei sapere quanto ci sarà di ufficiale in questa storia.”

Marie sorrise. “Sono felice che tu l’abbia chiesto. In effetti avevo pensato a un nome per il nostro gruppo. Qualcosa di molto semplice. Che ne dite di SIPS? Sta per Società Paranormale Isola di Sullivan.

Myra sorrise e annuì. “Mi piace. Credo che vada a pennello. Tu che dici, Harry?”

“Non ho niente in contrario,” rispose lui.

Mimi disse, “Sì, credo anch’io che sia perfetto. Jim?”

Jim scrollò le spalle. “Certo, va bene.”

Tim si versò il suo secondo margarita. “Mi piace. Gale, cosa ne dici?”

Gale accennò un sorriso maldestro. “Sono d’accordo. Credo che il nome sia perfetto.” Si voltò verso Marie. “Cosa dobbiamo fare per renderlo ufficiale?”

Marie si alzò e cominciò a passeggiare per la stanza. “Beh, innanzitutto ci serve un marchio registrato. Ho cercato sul sito ufficiale dell’Ufficio Brevetti e Marchi degli Stati Uniti, ho spulciato il loro database, per essere sicura che il nostro nome non fosse già in uso, quindi ho scaricato i moduli. Dovremmo cominciare subito a riempirli. Non voglio perdere tempo, anche perché ci vorranno almeno quattro mesi prima di sapere se il nostro marchio è stato accettato.”

Le successive tre ore furono trascorse a revisionare i documenti, tutti insieme guardarono la guida video della pagina del governo in merito a brevetti e marchi, e infine decisero di dividersi le spese. Discussero di eventuali luoghi dove indagare e ognuno espresse la propria idea per organizzare un procedimento investigativo adeguato. Tutti concordarono nel voler apparire come professionisti. Decisero di portare l’attrezzatura che avevano a casa alla prossima riunione, fissata per ogni primo sabato del mese. L’eventuale acquisto di altri strumenti specifici sarebbe stato effettuato con una spesa di gruppo.

Erano ormai le undici e mezzo quando Marie si tolse le infradito e si buttò sul suo grande letto matrimoniale, anche quello d’antiquariato, con tutti i vestiti addosso. L’incontro era stato un successo ed era felice che quest’avventura stesse davvero per cominciare. Condividere le sue ragioni per voler creare la SIPS l’aveva fatta sentire bene. Nessuno si era sorpreso che lei riuscisse a vedere e sentire gli spiriti dopo tutti questi anni. In effetti, era stato un sollievo per tutti. Ridendo fra sé e sé, mentre ripensava ad alcune delle conversazioni di quella sera col gruppo, Marie si addormentò.

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