Un’avventura Nella Foresta Pluviale (Jasper - Pappagallo Amazzone Libro 1) - Sharon C. Williams
Traduzione di Cecilia Metta
Un’avventura Nella Foresta Pluviale (Jasper - Pappagallo Amazzone Libro 1) - Sharon C. Williams
Estratto del libro
Gli alberi crescevano così in alto che era difficile dire dove finissero e dove iniziasse il cielo. Con grandi foglie di un color verde brillante, erano ricoperti di orchidee e i loro rami si protendevano verso il cielo. La foresta era piena di attività ogni giorno. Oggi non faceva eccezione.
La giungla ospitava molti animali, tra loro c’erano i pappagalli dell’Amazzonia. Indossavano tutti i colori dell’arcobaleno. Le loro guance erano un misto di piume rosse, gialle e arancioni, mentre sulla loro fronte c’era una bella esplosione di viola. I loro corpi erano verdi come l’erba del tuo cortile. Le piume della loro coda completavano il capolavoro con colori dal nero al blu al rosso. Questi uccelli sembravano sapere esattamente quanto fossero magnifici dal modo in cui si mettevano in mostra quando volavano.
Di solito, non c’era nulla di straordinario in un albero cavo nel mezzo della foresta pluviale, ma questo aveva qualcosa di speciale. A metà c’era un buco coperto di foglie e ramoscelli. All’interno, c’era il nido di un pappagallo dell’Amazzonia.
Tuttavia, se si guardava... si guardava attentamente, si vedeva che in quel nido erano state deposte delle uova.
Sally rimase in piedi, tenendo le uova al caldo. Guardava e aspettava quel giorno magico. All’interno delle uova, tuttavia, tutto era tranquillo e buio.
Presto arrivò il momento della schiusa. Sally picchiettò sulle uova.
Un curioso picchiettio proveniva dall’interno di una di esse. Quando la luce del sole fece capolino tra le foglie, l’uovo s’incrinò al centro. Lentamente, il guscio si ruppe. Un minuscolo becco apparve, mentre il piccolo si faceva strada verso l’esterno.
Chi era?
Beh... Jasper, ecco chi. Con gli occhi chiusi e il corpo tremante senza piume, cadde a faccia in giù, in modo abbastanza penoso.
Da dietro, sentì: “Ciao, Jasper. Sono la tua mamma. Ti stavo aspettando.”
“Jasper? Cos’è un Jasper?”
“Sei tu, sciocco”, disse lei. “Molto presto si schiuderà anche l’uovo di tuo fratello o di tua sorella.”
Improvvisamente, lo stomaco di Jasper emise un forte brontolio.
Sapendo quanto dovesse essere affamato, Sally gli diede da mangiare.
Quando il suo pancino fu pieno, Jasper iniziò ad aver sonno e lentamente si addormentò. Era stata una mattinata impegnativa per l’uccellino.
* * *
Il giorno dopo, un movimento ruppe il silenzio nel nido, quanto bastava per svegliare Jasper. Sentì la sua mamma aiutare l’altro uovo a rompersi.
Spingeva e Spingeva, ma l’uovo non si rompeva.
Jasper guardò sua madre che continuava a fissare l’uovo.
Sospirò.
“Cosa c’è che non va?” chiese a sua madre.
“Non lo so, figliolo. I motivi potrebbero essere tanti. Forse non mi ci sono seduta sopra abbastanza per tenerlo caldo. Forse non c’è un piccolino dentro. Non sono sicura.” rispose lei.
Jasper non sapeva cosa dire a sua madre. Non sapeva come sarebbe stato avere un fratello o una sorella, ma gli avrebbe fatto compagnia quando la mamma era fuori a raccogliere cibo e provviste. Quello che sapeva era che lei era triste. Forse era questa la sensazione che provava anche lui, all’interno del suo piccolo corpo.
La mamma si avvicinò a Jasper e lo abbracciò forte. “Non era destino. Una lezione che tutti impariamo crescendo, Jasper.”
In quel momento, il pancino di Jasper fece un forte rumore.
Un sorriso si fece strada sul volto di sua madre, che andò a cercare del cibo per il suo ometto. Ritornando rapidamente, lo nutrì fino a quando fu sazio.
Presto Jasper si addormentò.
Quando si svegliò, il giorno dopo, fu sorpreso di trovare lo sguardo più curioso che avesse mai visto che lo fissava sbattendo le palpebre.
“Chi sei?” chiese Jasper, tenendosi a distanza da quell’essere brutto.
“Sono Willie, tuo fratello”, rispose l’altro.
“Ma... non eri qui quando sono andato a letto. Da dove sei saltato fuori?”
“Sono nato ieri sera. La mamma ha detto che mi sono schiuso in ritardo. Penso che questo significhi che sono speciale”, rispose Willie.
I due giovani uccelli si guardarono a lungo, ciascuno pensando a quanto fosse brutto l’altro.
Segretamente, Jasper pensava di essere più carino, ma lo tenne per sé. Voleva che le sue piume cominciassero a crescere in modo da poter sembrare un vero uccello, proprio come la sua mamma.
Chi se ne frega se ho un fratello!
“È tutto così figo!” esclamò Willie. “Ti ha detto cosa siamo?”
“Sì, siamo Amazzoni dalle guance gialle”, rispose Jasper con una punta d’orgoglio.
Era una cosa grossa da dire, e anche se per lui era tutto nuovo, un nome del genere doveva significare qualcosa di fantastico. Lo sapeva e basta. C’era così tanto da imparare. Jasper sentiva di essere pronto. E soprattutto, ora aveva qualcuno con cui fare le cose.
Guardò fuori dal suo nido e notò quanto fossero alti gli alberi. Così alti che gli faceva male il collo a guardarli. Tanti suoni sconosciuti riempivano l’aria. Era pieno di meraviglia.
Per le due settimane successive, la routine rimase la stessa. Giorno dopo giorno, gli uccellini mangiavano, facevano la cacca e dormivano. I cambiamenti erano lievi. Le piume di entrambi i piccoli stavano crescendo come minuscoli aghi che venivano fuori da un puntaspilli.
Crescevano un po’ ogni giorno che passava. Come la maggior parte dei piccoli, anche loro diventavano irrequieti.
Un giorno si svegliarono a causa di un forte rumore, Jasper spalancò gli occhi. Vedendo Willie, chiese: “Che succede, Willie? Mi hai svegliato da una bella dormita con il baccano che stai facendo!”
“Scusa, ma è così fantastico che non ho potuto trattenermi. Puoi dormire un’altra volta, Jasper”, disse suo fratello. “Vieni a vedere!”
Jasper si avvicinò al bordo del loro nido e si mise accanto al fratello. Guardando nella direzione in cui Willie stava fissando, vide all’orizzonte un grande gruppo di uccelli che volavano.
“Wow, sembra così divertente. Non vedo l’ora che le nostre ali siano completamente cresciute.”
“Perché aspettare?” chiese Willie.
“Beh! Cadremmo”, rispose Jasper, pensando tra sé e sé che Willie dovesse aver battuto la testa mentre dormiva per avere un tale pensiero.
“No, non cadremo”, rispose Willie, sbattendo le sue piccole ali. “Dobbiamo solo fare come quei ragazzi e non fermarci mai.”
“La mamma ha detto che ci vorrà ancora qualche settimana prima di poter iniziare a volare”, ricordò Jasper a suo fratello.
“Ma come, sei un pollo?” Willie lo incitò mentre sul suo viso spuntava un sorriso.
Ora, tutti sanno che a nessuno piace essere chiamato pollo, specialmente dal proprio fratellino.
“La mamma è uscita prima che tu ti svegliassi. Starà via per un po’!” continuò Willie.
Willie aveva apparentemente dimenticato che era a causa sua che Jasper si era svegliato dalla sua bella dormita.
Non volendo fare la parte di quello che si tira indietro, Jasper disse: “Ok. Facciamolo. Hai ragione. Quanto può essere difficile?”
“Ho visto gli uccelli alzarsi in volo, quindi se saltiamo fuori dovrebbe funzionare”, suggerì Willie.
Entrambi i fratelli si fissarono per qualche istante e poi guardarono di nuovo fuori. All’unisono, saltarono fuori dal nido, sbattendo le loro piccole ali. Invece di volare con facilità come avevano visto fare agli altri uccelli, cominciarono a cadere, e anche velocemente.
“Sbatti le ali, Jasper, sbatti le ali!” urlò Willie, facendo lo stesso.
“Non funziona!” replicò Jasper.
Entrambi continuarono a cadere verso il basso. Non ci volle molto perché i due colpissero le morbide foglie che ricoprivano il suolo della giungla.
Guardandosi intorno, Jasper cercò suo fratello, ma non riusciva a scorgerlo da nessuna parte. “Willie... Willie? Dove sei?” gridò Jasper.
Niente.
“Willie... Willieee?” ripeté.
Di nuovo, niente.
Jasper rabbrividì. Faceva un po’ più fresco lì in basso rispetto al loro nido.
Dove potrebbe essere Willie, si chiese. Ok, niente panico. Quanto può essere lontano?
Jasper alzò lo sguardo e vide quanto era caduto in basso. Non andava bene. Non avrebbe mai dovuto ascoltare Willie. Le foglie frusciavano per la leggera brezza che si faceva strada verso il basso, e che ricordò a Jasper dove si trovava.
Doveva sedersi lì e aspettare, o iniziare a cercare Willie? Onestamente non sapeva cosa fare. Avrebbe chiamato Willie ancora una volta e poi sarebbe andato avanti. Stare seduto lì non avrebbe aiutato nessuno dei due.
“Willie? Willie? Dai, smetti di giocare, Willie!” urlò Jasper.
Fece un respiro profondo e camminò lentamente, prendendosi il tempo di gridare il nome di Willie, per sicurezza. A piccoli passi, Jasper inarcò la testa e tenne gli occhi aperti cercando di scorgere suo fratello. Doveva trovarlo. Non voleva rimanere solo in quel posto strano.
Quando pensò che Willie non ce l’avesse fatta, Jasper iniziò a piangere, non aveva capito a fondo cosa significasse avere un fratello. Quello che sapeva in quel momento, era che non voleva stare da solo. Voleva suo fratello con lui; qualcuno che fosse proprio come lui, qualcuno che capisse cosa significava essere un giovane pappagallo.
Jasper si diresse verso l’albero più vicino e si riposò per un po’. Era spaventato, affamato e ora era solo. Inoltre, non sapeva come tornare a casa. Anche se aveva paura di chiudere gli occhi, le sue palpebre si chiusero per la stanchezza causata dal tentativo fallito di volare.
Non sapeva da quanto tempo i suoi occhi fossero chiusi, quando fu svegliato dal rumore di qualcosa che si muoveva. Guardando dritto davanti a sé, vide una massa informe di colore marrone che veniva dritto verso di lui. Beh, era metà massa informe e metà foglie. Si appoggiò all’albero il più possibile. Jasper sussultò, cercando di essere coraggioso.
La massa informe si avvicinò smuovendo le foglie continuamente. Ad ogni passo, la forma diventava più chiara. L’essere non era una massa informe. Era Willie!
Jasper gli corse incontro e, a metà strada, lo abbracciò forte. Un po’ di fango e di foglie gli si appiccicarono addosso.
Ridendo, Willie disse: “Anche per me è un piacere rivederti, Jasper.”
Jasper indietreggiò di qualche passo per dare a Willie la possibilità di respirare e gli chiese: “Che cosa ti è successo? Non eri vicino a me quando sono atterrato!”
“Sono atterrato nel fango e, quando sono uscito, le foglie mi si sono attaccate addosso. Ho gridato il tuo nome, ma non hai mai risposto.”
“Ho fatto la stessa cosa, ti ho chiamato tre volte.”
“Ti ho sentito chiamare il mio nome e ho iniziato a camminare verso il punto in cui pensavo di averlo sentito. Non siamo caduti così lontano l’uno dall’altro, ma il fango ha rallentato i miei movimenti.”
Abbracciando di nuovo suo fratello, Jasper disse: “Sono contento che tu mi abbia trovato. Non era divertente stare qui fuori da solo. Questo è un posto molto spaventoso.”
“Sì, è vero!” Willie cercò di togliersi di dosso le foglie rimaste. Poi sollevò lo sguardo. “Ehi, hai pensato a come faremo a tornare a casa prima che torni la mamma?”
Jasper fece una pausa e ci pensò. No, non ci aveva pensato. Era stato troppo preoccupato a trovare Willie per poter pensare ad altro.
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