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Una Città In Pugno (Progressione Omicida Libro 1) - OJ Modjeska

Una Città In Pugno (Progressione Omicida Libro 1) - OJ Modjeska

Traduzione di Maria Teresa Levante

Una Città In Pugno (Progressione Omicida Libro 1) - OJ Modjeska

Estratto del libro

Questa storia ha inizio in una metropoli vasta e pulsante, i cui quartieri centrali oggi si distinguono per la loro pulizia, se non addirittura per la loro sobrietà. È un mondo fatto di vetro e di acciaio, di grattacieli dal design anonimo ma funzionale. Con il suo arcipelago di negozi di musica, la sua Walk of Fame cosparsa d’impronte delle mani dei luminari del rock ’n’ roll e il suo storico Sunset Grill reso celebre dall’omonima canzone di Don Henley, la città presenta una versione di “modernità” che i numerosi turisti, che vi si riversano ogni anno, non hanno alcun problema a digerire. Tra le attrazioni principali ci sono i ristoranti, lo shopping e la caccia alla celebrità o al cagnolino in una tote bag. Nessuno ha timore di andare in giro durante la notte. Questa città non ha tempo per il crimine e per il degrado, non si lascia frequentare dall’emarginazione e dall’anomalia. La maggior parte di quella gente è andata via… da qualche parte, in un altro posto, un posto qualsiasi; non importa dove.

Una ventina di anni fa Hugh Grant fu arrestato pubblicamente per aver ricevuto una prestazione di sesso orale dalla prostituta Divine Brown davanti alla sua BMW. L’episodio è avvenuto poco prima della grossa operazione di bonifica in seguito alla quale ampie zone di Hollywood sono state adibite a scopi commerciali e ripulite dagli “indesiderabili”. Ma chi ha vissuto tutta la sua vita a Los Angeles può testimoniare che tra la fine degli anni Settanta e gli anni Ottanta lo squallore, a Hollywood, aveva raggiunto i suoi massimi livelli.

A quei tempi l’intero tratto di Sunset Boulevard tra Gardner e Western Avenue era un mercato del sesso molto vivace. Hollywood, sul lato est, era popolato di spacciatori, sfruttatori della prostituzione, barboni e fuggitivi ricercati. Dove c’era un vecchio teatro, c’era un cinema a luci rosse. Gli scarti del fallimento della controcultura, vittime della tossicodipendenza in jeans svasati e bandana migrate a sud da Haight Ashbury, videro morire i loro ideali in una volgare miscela a base di droghe e sesso per denaro. Era un momento di pausa; il glamour e le case di produzione si erano spostati altrove, il futuro e il suo uragano d’interessi commerciali purificatori non erano ancora arrivati e nello spazio vuoto si raccolse un mucchio fumante di rifiuti.

Intorno al 1977, momento in cui inizia questa storia, Hollywood era la casa dei disperati e dei dannati. Ogni giorno della settimana, a qualsiasi ora, le auto percorrevano il Boulevard rallentando giusto il necessario per consentire ai loro occupanti di studiare le merci umane disposte in fila lungo i marciapiedi sporchi. La guerra tra poliziotti e prostitute si preparava notte dopo notte; a volte arrivava a scoppiare e poi tornava a raffreddarsi. Il confine che divide West Hollywood dalla città di Los Angeles corre proprio attraverso la Sunset Strip, accanto alla statua di Rocky e Bullwinkle. Quando passava una macchina della Polizia, le ragazze si spostavano verso West Hollywood; quando vedevano l’auto di uno sceriffo, si spostavano sul lato di Los Angeles. La maggior parte preferiva quel lato. Gli sceriffi erano soliti incolonnarle contro i loro veicoli per poi colpirle con le torce di metallo sulle nocche delle mani appoggiate sul cofano.

Le ragazze di Hollywood avevano fatto dello schivare i poliziotti una forma d’arte. La maggior parte sapeva, ad esempio, che le sere migliori per lavorare erano quelle della domenica e del lunedì, perché quelli erano i giorni liberi degli ufficiali della buoncostume. Altre erano solite telefonare alla centrale e se non ottenevano una risposta, andavano al lavoro.

A volte però non era sufficiente essere astuti e prendere tutte le precauzioni del caso. Si veniva presi lo stesso.

I poliziotti potevano presentarsi sotto copertura e fingersi clienti. E a rendere la situazione ancora più confusa, non era un fenomeno insolito che, per qualche strana ragione, i civili si spacciassero per poliziotti.

Forse era semplicemente un segno dei tempi, della perversità del mondo moderno, ma quella della disco non era l’unica mania in città. Nella sua forma più elementare si manifestava come uomini che attraversavano Sunset urlando insulti alle donne di strada, con sirene finte attaccate ai veicoli e un grande stridore di gomme. Quello che stava succedendo era, però, qualcosa di più grande e complesso, bastava scalfire la superficie per vederlo; qualcosa che si avvicinava di più a una sottocultura. L’alto profilo del commercio di equipaggiamenti contraffatti e il numero di uomini alla guida di auto fatte passare di proposito per veicoli della polizia puntavano verso l’esistenza di una classe di fanatici dalle sfumature variegate. Mercati e mercatini delle pulci offrivano distintivi falsi, sirene, manette, manganelli e porta documenti da poliziotto. A un prezzo molto più alto era possibile acquistare in nero anche articoli “autentici”, oggetti sottratti alla forza pubblica.

Alcuni di questi “fanatici” erano semplicemente giovani che volevano acquistare un vecchio veicolo della Polizia per la sua velocità e manovrabilità. Altri invece prendevano le cose più seriamente e si divertivano ad appostarsi sulle scene del crimine facendo finta di avere motivi legittimi per trovarsi sul posto. Installavano scanner nelle loro auto e intercettavano le chiamate della Polizia. A volte si divertivano a fermare i conducenti di altri veicoli e dar loro un po’ seccature per delle infrazioni stradali. Oppure si divertivano a tormentare e a intimidire le prostitute, fingendosi clienti per poi tirare fuori un distintivo solo per il gusto di vedere che faccia avrebbero fatto.

Le motivazioni che li spingevano erano tra le più varie. Alcuni lo facevano solo per farsi una risata. Altri perché erano stati scartati dalla Polizia e provavano rancore. Altri ancora erano uomini che per una ragione o per l’altra provavano impotenza nelle loro vite quotidiane e quindi godevano della sensazione di autorità che spacciarsi per un poliziotto dava loro.

Purtroppo era difficile distinguere una tipologia dall’altra. Molti di loro erano perfettamente innocui; altri erano pericolosi al di là dei peggiori incubi di qualsiasi donna.

* * *

Yolanda, con la sua pelle nera e le sue gambe lunghe, riusciva a portare a casa fino a trecento dollari a notte: una piccola fortuna, per gli standard degli anni Settanta. Dopo aver lasciato gli studi, aveva trascorso del tempo a lavare i piatti e servire ai tavoli, facendo esattamente il tipo di lavoro rispettabile che ci aspetta da chi ha prospettive limitate. I suoi guadagni erano a malapena sufficienti per sfamare se stessa e la figlia. Alcune delle sue amiche si prostituivano. Yolanda fece un tentativo e il giorno successivo presentò le dimissioni al ristorante. Che andassero a farsi fottere.

Yolanda amava i soldi che guadagnava stando in quel giro. Era una donna giovane nel fiore degli anni, amava la moda ed era orgogliosa di poter vestire in un certo modo. Le piacevano le cose che poteva comprare con i soldi della strada: vestiti eleganti, sexy; bei gioielli, come quel suo anello con un turchese incastonato in una foglia d’argento. Non era una persona sciatta, lei. Il suo profilo era più simile a quello di una escort che a quello di una prostituta di strada.

Per lei quello era solo un lavoro. La considerava una situazione temporanea, non aveva intenzione di restarci dentro per sempre. Era bello avere abbastanza denaro da comprare quello che voleva per sé e per sua figlia, ma il lavoro aveva diversi lati negativi piuttosto seri, come quello di farti ritrovare con dei precedenti penali per adescamento a soli ventidue anni. A poco a poco il suo stile di vita era cambiato completamente. Aveva iniziato a fare uso di sostanze stupefacenti ed era andata a vivere con uno spacciatore della zona, e poi la figlia era andata a stare dalla nonna, per cui Yolanda si ritrovò separata dal motivo per cui era entrata in quel giro.

Questi erano i pensieri su cui rimuginava la notte del 17 ottobre 1977, quando uscì da casa per andare a battere il marciapiede. Non si sentiva proprio in vena e le mancava la sua bambina. Con quell’umore vuoto voleva solo andare, fare quello che doveva fare, prendere i soldi e tornarsene a casa.

Il suo pappone, su Sunset, doveva aver colto la sua mancanza di entusiasmo, perché, non appena lo aveva incontrato, le aveva detto di muovere il culo e andare là fuori, prima di farlo arrabbiare.

La seguì con lo sguardo mentre si allontanava in direzione est, verso l’incrocio tra Sunset e Detroit, dove, nel quartiere musicale di Sunset, Ronald LaMieux gestiva un negozio di organi. La sera del 17 ottobre lui e un collega erano rimasti a occuparsi di revisioni contabili fino a tardi perché avevano delle scadenze da rispettare. A un certo punto LaMieux venne distratto dal rumore di urla all’esterno. Guardò fuori dalle vetrine e vide quello che sembrava essere un arresto della buoncostume proprio lì per strada, davanti al suo negozio. Un uomo con i capelli scuri e i baffi stava gridando e agitando un distintivo davanti a una giovane donna, una prostituta alta e nera.

LaMieux lo vide ammanettare la donna e farla entrare nella parte posteriore del suo veicolo. C’era un altro uomo seduto davanti, al posto del conducente. In quella zona di Sunset gli arresti di prostitute erano piuttosto frequenti e LaMieux non si fermò a pensarci più di tanto, ma aveva notato che l’agente che aveva effettuato l’arresto sembrava avere dei modi eccessivamente aggressivi.

Yolanda, seduta in manette sul sedile posteriore dell’auto, stava maledicendo la sua sfortuna. L’ultima cosa di cui aveva bisogno era un altro rapporto. Il poliziotto che l’aveva arrestata aveva detto che l’avrebbero portata in centrale. Era un tipo giovane, con i baffi e delle cicatrici da acne sul collo; era salito sul sedile posteriore e si era seduto accanto a lei, cosa che le era sembrata un po’ strana. Ma soltanto dopo aver osservato meglio l’uomo alla guida, cominciò ad avere dei sospetti sulla situazione.

Si rese conto che conosceva l’autista, o almeno che lo aveva già incontrato. Era più vecchio dell’altro e aveva un grosso naso adunco e folti capelli neri striati di grigio. Era davvero piuttosto brutto, ma c’era qualcosa di particolare in lui. Yolanda lo aveva pensato anche il giorno in cui lo aveva visto per la prima volta. In quel momento non riusciva a vedergli la faccia nella sua interezza, solo il profilo, ma era sicura che fosse la stessa persona.

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