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Quando Finisce la Musica

Quando Finisce la Musica


Quando Finisce la Musica - Estratto del libro

Capitolo 1

Ottobre 2001

“C’è nessuno?” disse Sean Murphy varcando la porta della centenaria casa coloniale bianca nella quale era cresciuto. La porta annerita dagli anni sbatté alle sue spalle, spinta da una folata di fresco vento d’ottobre. Entrò nel silenzioso salotto. La casa è sempre la stessa: il divano con la stampa di rose, due poltrone rosso granata e una vecchia sedia a dondolo in legno accanto al caminetto di mattoni e ottone. Però c’è troppo silenzio. Mamma e papà devono essere fuori, pensò. Scommetto che mamma ha lasciato qualche delizioso manicaretto nel frigo. Quello almeno mi terrà impegnato fino all’ora di cena.

Un sommesso saluto interruppe però il suo piano di assalto al frigorifero. “Ciao Sean, puoi venire qui per favore?”

Sorridendo tra sé e sé salì le scale verso la camera di Sheridan e aprì la porta, non sorpreso di scoprire che la sua sorellina diciassettenne non era sola. La migliore amica di Sheridan, Erin James, era stesa insieme a lei sul letto a baldacchino di pizzo rosa. Interessante vederle insieme, pensò Sean. Non potrebbero essere più diverse. Sheridan, alta e formosa, sembrava il sole in persona. Aveva la pelle chiara ma leggermente dorata, una massa di ricci biondi e un atteggiamento allegro. Piccolo e pallido, con gli occhi e i capelli scuri, il volto serio di Erin rifletteva la sua intensa personalità.

Sheridan balzò su dal letto e corse dal fratello.

“Ehi sorellina, di cosa avevi bisogno?” chiese Sean accogliendo l’esuberante abbraccio della sorella. Con la coda dell’occhio vide Erin mettersi a sedere, le guance in fiamme per la sua presenza.

“Tempismo perfetto, Sean,” disse Sheridan. “Serve che porti Erin al ballo della scuola.”

“Eh?” Sean spostò lo sguardo da sua sorella a Erin e vide che le guance chiare avevano preso ancora più colore.

“Sì,” disse in fretta Sheridan, e un fiume di parole sembrò erompere dalla sua bocca tutto d’un colpo. “Quel cretino ha fatto un casino, le ha fatto pensare che l’avrebbe portata, ma voleva solo che lei lo aiutasse a studiare. Oggi abbiamo scoperto che andrà al ballo con Lindsey Jones, quella puttanella. Sappiamo cosa vuole, e non c’è nulla da perdere, ma ora Erin non ha un compagno e il ballo è domani. La porteresti?”

“Danny, per favore,” disse Erin sottovoce interrompendo il suo rapido racconto. “Non ne ho bisogno. Non mi interessa del ballo, e poi sai che non sono capace di ballare. Me ne starò a casa ad esercitarmi per l’audizione.”

“Non se ne parla, devi andare,” insistette Sheridan. “Non mi divertirei neanche un po’ senza di te. Non sono pazza di Jake. Potrei benissimo mollarlo.”

Il nome del ragazzo di sua sorella risvegliò l’istinto protettivo di Sean. Quel punk mi va di traverso ogni volta che lo vedo. “È proprio ora che la fai finita con quella testa di cazzo,” commentò facendo ridacchiare entrambe le ragazze. “Non è per niente il tipo giusto per te, Danny. Perché non ci metti una pietra sopra e andate insieme al ballo tu ed Erin? Sarebbe molto meglio così, no?”

“Andiamo, Sean.” Sheridan agitò la mano come a spazzare via con noncuranza le parole del fratello. “Non è carino scaricare qualcuno proprio prima di un ballo, soprattutto dato che potrebbe diventare re del ballo. Oh, non ti preoccupare: romperò con lui. Penso solo che potrebbe essere più educato farlo dopo, e anche dopo gli esami della prossima settimana, in modo da non distrarlo. Ma questo lascia ancora in piedi il problema di Erin. Non può venire con noi due. È troppo patetico. Erin si merita qualcosa di meglio che essere la ruota di scorta. Ma pensaci Sean: se si presenta con un uomo invece che con uno di quei ragazzini.” Gli fece un altro gesto con la mano, questa volta indicando i muscoli ingrossati dal lavoro che adesso tendevano le maniche della sua camicia rossa a quadri e di un paio di logori blue jeans.

Sean fece un respiro profondo e si prese un momento per pensare. Un appuntamento... con Erin? I suoi occhi seguirono i delicati lineamenti del suo viso. I grandi occhi castani che sembravano essere sempre tinti di dolore. Il naso lungo ed elegante. Le labbra pallide e rosate. Gli zigomi alti. Le clavicole facevano capolino dal collo allargato di una maglietta a maniche lunghe blu che avvolgeva la sua figura slanciata. Certo non c’è niente che non va con il suo aspetto. È carina, e dato che è amica di Sheridan fin dai tempi dell’asilo, la conosco bene. So che è carina. In effetti, se non la conoscessi da una vita, potrei proprio chiedere a una come lei di uscire. Fissò quel viso familiare per lunghi momenti, vedendo il calore che le svaniva dalle guance, e un pallido labbro scivolarle tra quei denti che solo da poco erano privi dell’apparecchio. Scosse la testa. Qualcuno come lei, ma non lei. “Sì, so cosa succederà. Mi arresteranno. Sheridan, ho ventitré anni. Cosa me ne frega del ballo?” chiese, sollevando un sopracciglio nel guardare la sorella.

“Probabilmente niente,” ammise lei, “ma ti interessa di Erin?”

“Ovvio,” rispose Sean. È praticamente una della famiglia. Come potrebbe non interessarmi di lei? Di nuovo considerò la proposta, considerò come Erin dovesse sentirsi. Già di per sé timida e poco incline agli appuntamenti, per lei essere trattata come un giocattolo e poi mollata – anche se da un perdente – doveva aver influito in maniera disastrosa sulla sua autostima. Ma immagina che colpo se dovesse apparire accompagnata da qualcuno come... me. Qualcuno come me, ma non me, chiaro? Ma se non fosse stato lui, non ci sarebbe stato nessun altro. Portò la sua attenzione verso Erin, il cui volto si accese come un fuoco d’artificio per il 4 di luglio nel momento in cui i loro occhi si incontrarono. L’idea le piace, anche se è troppo timida per ammetterlo. “Sai una cosa, Erin? Vieni qui un minuto. Penso che dovremmo parlare un momento di questa cosa senza Danny.”

“Va bene.” Si alzò dal letto e andò in corridoio insieme a lui, al suo fianco, ma senza permettere che i loro corpi si sfiorassero. Lui la portò nella camera che un tempo gli apparteneva, ancora tappezzata dai suoi vecchi ricordi di scuola. Sean non poté fare a meno di sorridere. La mia sentimentale mamma. Non trasformerà mai questa camera in un guardaroba, né la darà in affitto a qualche studente del college.

Erin si portò accanto a lui appoggiandosi alla spessa pediera del letto mentre si mordeva un’unghia. “Spero tu sappia,” disse con serietà, “che non le ho chiesto io di farlo.”

“Certo che no,” rispose dandole una pacca sulla spalla. Se arrossisce ancora un po’ la faccia le andrà a fuoco. “Riconosco l’odore di un piano di Sheridan Murphy a miglia di distanza. È mia sorella, non dimenticarlo. Ad ogni modo ha ragione su una cosa: tu hai bisogno di qualcuno con cui uscire, o per lo meno se veramente ci vuoi andare. Dimmi la verità, Erin. Vuoi davvero stare a casa ad esercitarti?”

“No, ci vorrei andare,” sussurrò come se stesse ammettendo un vergognoso segreto. “Però è vero che non so ballare.”

“Andiamo,” le disse, “sei una musicista. Non posso credere che tu non abbia senso del ritmo.”

Gli occhi scuri di Erin alla fine incontrarono i suoi, con il disagio che ne venava gli angoli. “Non è una questione di ritmo, ma di sicurezza. Mi sento sempre una scema quando ballo in una stanza piena di gente.”

“E se avessi qualcuno di sicuro a guidarti, come una sorta di direttore?” si offrì mimando un invito a mano tesa.

“Potrebbe essere di aiuto.” Abbassò lo sguardo, e come se non bastasse calò le lunghe e scure ciglia.

Spero di fare la cosa giusta. La sua cotta per me ha qualcosa di dolce... in un certo qual modo imbarazzante. È ancora una studentessa del liceo dopotutto. Sean a questo punto non sapeva cosa dire. La timidezza di lei era più forte di ogni suo tentativo di conversazione. Vai al sodo, Murphy. “Allora va bene, facciamolo. Almeno potremo mostrare a quel pezzo di merda cosa si sta perdendo.”

“Sei sicuro? Non hai altri programmi?” I suoi occhi erano imploranti su di lui.

Oh cavolo. “No, solo roba noiosa. Sai, tipo il bucato da fare. Allora Erin, mi permetterai di portarti al ballo?”

Lei gli lanciò uno sguardo intenso e i suoi occhi scuri brillarono di gioia mentre diceva: “Sì,” con una voce così tenue da non sentirla quasi. Lui le diede un abbraccio fraterno. Quindi Erin lanciò un gridolino e sgattaiolò fuori dalla stanza.

Beh, una cosa che certo non mi aspettavo era di andare al ballo della scuola. Magari sarà divertente. Poi ripensò ai suoi balli della scuola: goffi, rumorosi e con un vago odore di sudore. Magari no, ma almeno avrò fatto la mia buona azione e avrò reso felici mia sorella e la sua amica.

Capitolo 2

La sera dopo Sean arrivò a casa di Erin con indosso un’elegante camicia verde e pantaloni scuri, con l’intento di apparire il più maturo possibile.

Entrò in auto nel prestigioso quartiere vicino all’Università dei Laghi, il loro locale istituto di istruzione superiore. Case strette ed eleganti risalenti a più di un secolo prima erano allineate una accanto all’altra lungo la strada e i loro colori brillanti unitamente alla forma le faceva apparire simili a casette di marzapane avvolte da querce e aceri, con i consueti colori dell’autunno. Mentre scrutava i numeri delle abitazioni, Sean si rese conto di conoscere quella zona, dato che aveva lavorato alla ristrutturazione di almeno due degli edifici vicini. ”2017,” mormorò, cercando di distinguere i numeri nella semi oscurità. ”2017, Water Street.” passò il 2013 e capì che doveva esserci quasi. Due case più avanti. Si accigliò guardando la più piccola del complesso. Bassa e larga, sembrava un troll messo carponi in mezzo ai due giganti a tre piani che le stavano ai lati. Uh! Che zona chic. Se questo è il meglio che possono permettersi un investitore bancario e un’artista, porca miseria! Scosse la testa. La casetta in miniatura da due stanze era stata tinteggiata di marrone chiaro e aveva i balconi verdi che contornavano le finestre dalle vetrate colorate. Sean parcheggiò la sua Mustang lungo il marciapiede, avanzò a piedi calpestando un tappeto di foglie cadute, suonò il campanello e attese.

Chissà cosa si sarà messa. Speriamo niente di simile a quello che aveva indosso per il suo ultimo compleanno. Sean sorrise al ricordo dell’enorme fiocco nero, arancio, rosa e argento che adornava un vestito ricavato da una maglietta da uomo, abbinata a un paio di calze a rete viola. Forse non è stata poi una così buona idea.

La porta si aprì rivelando la ragazza che aveva invitato avvolta in un morbido ed elegante abito di velours nero lungo fino al ginocchio. Contrastava con la sua pelle e faceva quasi brillare i suoi capelli scuri, raccolti in un’elegante chignon. Sheridan doveva averla aiutata con il discreto trucco. Erin sembrava avere almeno cinque anni in più, senza dire quanto apparisse più sicura di quanto lui l’avesse mai vista: incrociò il suo sguardo senza arrossire e sorrise con dolcezza. Il dolore presente nei suoi grandi occhi castani risvegliò il suo istinto protettivo e Sean si rese conto di averla a cuore. Ho detto a Danny che mi interessava di lei, ma intendevo una sorta di interesse intellettuale. Per la prima volta Erin sembrava essere una persona reale davanti a lui.

Quella consapevolezza gli tolse il fiato. “Ciao,” le disse alla fine. Poi le porse un bouquet che consisteva in un unico bocciolo di rosa rossa. Lei fece un passo avanti e lui la appuntò con attenzione al suo abito, inalando un’ondata di profumo di lillà. Il contrasto di quel vivido scarlatto con il nero scintillante portò il suo sguardo verso le curve slanciate della sua figura. È così magra. Mi chiedo se si dimentichi di mangiare. Ho sentito che agli artisti capita a volte.

Sollevò gli occhi sui suoi, osservando il soddisfatto guizzo di approvazione. “Ciao, Sean. Andiamo.”

“Devo entrare a salutare i tuoi, o qualcosa del genere?” chiese allungando lo sguardo oltre le sue spalle e scrutando il buio salotto.

“No, non sono in casa.” uscì e chiuse la porta dietro di sé, lasciando poi cadere la chiave in una piccola borsetta argentata che teneva legata al polso.

“Dove sono?” Le mise una mano sulla schiena e la fece avanzare. Il calore della sua pelle traspirava attraverso il tessuto del vestito solleticandogli le dita.

“Te lo dico in macchina,” disse lei con un pizzico di tensione nella voce.

“Va bene.”

Arrivarono alla parte del passeggero della Mustang e Sean aprì la portiera per Erin. Magari non è esattamente l’appuntamento che voleva, ma ogni ragazza merita di sentirsi una principessa una volta ogni tanto, e scommetto che a Erin non è capitato poi tante volte. Chiuse la portiera, fece il giro dell’auto e scivolò al suo posto alla guida, accendendo il motore prima di dire: “Bene, che succede?”

“I miei si stanno separando,” disse lei con tono piatto.

Sean ebbe un brivido. Non c’è da meravigliarsi che sia così tirata. “Che brutta cosa. Come mai?”

“Vedi, mio padre è sempre via per lavoro.” Sean annuì. “Beh, e poi la mamma ha conosciuto uno. Ora sta passando il fine settimana con lui e papà se n’è andato per lavoro un’altra volta. Quindi sono da sola.”

Allungò una mano sul cruscotto e le accarezzò il braccio. “Che schifo. Mi spiace.”

“È tutto a posto. Non è che si piacessero veramente.”

Ho mai sentito Erin parlare con un tono così cupo? No, se ne rese conto, perché lei non aveva mai lasciato trasparire i suoi veri sentimenti. O forse non ci ho mai fatto caso io. Lasciò la propria mano sulla sua. “Non me ne frega di loro, ma mi spiace per te.”

“Non commiserarmi, Sean,” lo implorò lei. “L’unica cosa che non posso sopportare è che tu mi veda come una patetica.”

Lungi dal farlo. “Non sei patetica, Erin,” la rassicurò. “Diciamo che mi spiace per la tua situazione, va bene?”

“Va bene, grazie.” Fece silenzio per un momento, considerando cosa dire poi e mordicchiandosi le nocche. Alla fine aggiunse: “Sono così felice di avere finalmente diciott’anni. Se riesco a passare quest’anno, poi sarò un’adulta. Andrò al college e non sarò più alla mercé delle loro scelte.”

“Dove andrai?” le chiese con l’intento di mantenere positiva la conversazione. “Sheridan ha parlato di un conservatorio in Texas.”

“Non sono sicura,” rispose. “Ho un appuntamento con il loro talent-scout tra due settimane per suonare in un’audizione, ma sto anche considerando l’idea di andare alla State con Sheridan. Anche quello non sarebbe male.”

“Puoi diventare musicista professionista anche in un’università statale?” le chiese. I musicisti non devono andare alla Juilliard o a qualcosa del genere?

Spostò lo sguardo verso di lei giusto in tempo per vederle piegare il mento verso il basso. “Certo. Non è prestigioso allo stesso modo, ma risparmierei un sacco di soldi e probabilmente otterrei anche delle borse di studio. Con tutto quello che sta succedendo mi sa che ne avrò bisogno. Tu non sei andato alla State, Sean, per prendere la tua laurea in economia e commercio prima di iniziare a lavorare nell’azienda edile di tuo padre? Non è per quello che ti ha fatto diventare assistente caposquadra, proprio perché hai imparato un bel po’ su come si gestiscono il marketing, i conti e tutte quelle cose?”

“Sì, è così,” ammise, sorpreso che conoscesse così tanti dettagli. Lei e Danny di certo parlano un sacco di me. Sentì questa volta le sue guance arrossire mentre se ne rendeva conto. “È una buona scuola. Ma non svenderti così. Risparmiare soldi va bene, ma non se questo ti porta a rinunciare ai tuoi sogni. So che vuoi suonare il tuo oboe da professionista. Sei abbastanza brava da poterlo fare, quindi vai avanti, va bene?”

Un’altra rapida occhiata gli permise di vedere un tiepido colorito attorno alle sue gote, non esattamente un rossore, ma un accenno al suo piacere per quel complimento. “Buon consiglio. Grazie.”

* * *

Proseguirono in silenzio. Erin guardava fuori dal finestrino, osservando le masse di alberi color arancio, oro e rosso intervallati al verde di pini e abeti. Un brivido di nervosa eccitazione minacciava di farle annodare lo stomaco. Non mi aspettavo veramente di andarci, al ballo. E ora ci sto andando con il ragazzo per cui ho una cotta. Pazzesco. Dimentica David Landry. Lui può andare a segno con Lindsey. Ora mi trovo senza dubbio con il partner più sexy fra tutti.

Una motocicletta rombò passando loro vicino e lo scoppiettio del motore interruppe il corso dei suoi pensieri. Mostro rumoroso. Come fa la gente ad amare una cosa che fa un fracasso del genere? Sean frenò di colpo mentre la moto invadeva la loro corsia. Il suo movimento mandò nell’aria una penetrante folata di colonia che risvegliò la sua coscienza. Come può essere sentirsi stretti da quelle braccia muscolose, annusare il suo profumo mentre ti butta sul materasso? Il suo respiro rallentò e si fece più profondo mentre immaginava quella sensazione sconosciuta. Poi, con un battito di ciglia, si sforzò di riconcentrarsi sulla realtà. Non prenderti in giro. Non è qui perché gli piaci. Anche se sapeva che si trattava di un favore, Erin lo apprezzava. Accompagnare l’amica timida e per niente interessante di sua sorella a un ballo dove non voleva andare. Sean è la definizione di vero gentiluomo.

Svoltò nel parcheggio della scuola e portò la sua Mustang tra due righe bianche vicino al retro, dove erano rimasti alcuni posti vuoti. Poi accompagnò Erin, sempre tenendole la mano sulla spalla, all’interno della rumorosa e affollata palestra. Striscioni di carta con i colori della scuola – bianco e amaranto – pendevano dal soffitto. Un giaguaro dipinto a mano ringhiava da una parete. Il rumore all’interno della palestra batteva contro i timpani di Erin con la forza di un martello pneumatico. Perché così tanto ragazze ridono con voce così acuta? Pensano davvero che i loro partner trovino affascinante quel suono? Scosse la testa. Faceva quasi fatica a sentire la musica tra quella cacofonia di voci adolescenti.

Mentre aspettavano in fila per farsi fare la foto sotto a un arco di graticcio bianco decorato con gagliardetti del calcio, striscioni e palloncini, Erin si guardò attorno. Proprio come si era aspettata la gente la fissava e alcune delle ragazze avevano un’espressione invidiosa in volto.

Lei si girò a guardare il suo partner, ammirando i suoi capelli color mogano dal taglio perfetto, che lei trovava molto più affascinante rispetto allo stile trasandato della maggior parte dei ragazzi lì presenti. Il suo volto, abbronzato per il lavoro all’aria aperta, faceva apparire ancora più bianchi i suoi denti leggermente sghembi, mentre i suoi occhi blu scuro brillavano. Braccia, petto e spalle erano muscolosi per le lunghe ore in cantiere, ma la vita era sottile, le anche magre. Detto in parole povere: era il sogno di ogni ragazza. O se così non fosse, è di certo il mio. Perché deve avere sei impossibili anni più di me?

Alla fine raggiunsero il capo della fila. Un paffuto fotografo con un sacco di striature grigie in mezzo ai capelli neri cespugliosi fece loro cenno di portarsi davanti a un fondale grigio mélange.

“Eccoci, amico,” disse a Sean con voce roca, “metti il braccio attorno alla vita della ragazza.”

Erin aprì la bocca come a voler discutere, per suggerire che si mettessero in posa semplicemente fianco a fianco, ma Sean non le diede il tempo di farlo. Mise un braccio attorno alla sua vita e la tirò a sé. Il rumore della stanza si attenuò mentre il calore e il meraviglioso profumo di Sean la travolgevano.

“Ora tu, tesoro. Le braccia attorno al suo collo.”

Erin obbedì senza protestare,

“Guardate la macchina fotografica.”

Girarono le teste. Il pulsante fece click.

“Bene, e adesso a ballare. Avanti il prossimo!”

Tenendole un braccio attorno alla vita, Sean accompagnò Erin al centro della palestra. Sentiva il rumore che la sfiorava, ma il suono svaniva sotto al martellare del suo stesso cuore. Adorerò quella foto per sempre.

“Sai,” disse Sean ad alta voce, le labbra vicine al suo orecchio in modo da farsi sentire in quel frastuono. “Ho pensato a una soluzione per il tuo dilemma del ballare.”

“E quale sarebbe?” gridò lei in risposta.

“Balliamo solo i lenti,” rispose lui. “Quelli sono più facili. Ti tieni a me e ondeggi.”

È come un sogno che diventa realtà. “Penso di potercela fare. E quelli più veloci?”

“Gironzoliamo qua e là. Ci mescoliamo con la gente. Ci prendiamo qualcosa da mangiare e da bere. Facile.” Si ritrasse un poco per valutare la sua reazione.

Erin sorrise. “Sei astuto, Sean. Grazie.”

La sua bocca si piegò in un bellissimo sorriso che le fece martellare il cuore. “Iniziamo subito? Questa è una musica lenta.” Le tese una mano.

Lei la afferrò. “Va bene.”

La portò in un punto della palestra lontano dalla congestionata zona centrale e si fermò voltandosi a guardarla. Erin mise le proprie mani dietro al collo di Sean. Sean portò le mani leggermente dietro alla vita di Erin e le mostrò come muoversi a tempo con la musica. Anche se era un tipo di movimento diverso da quello cui era abituata, non lo trovò difficile da capire. Ricorda che questo non è un appuntamento, disse a se stessa, per quanto il calore del corpo di Sean affondi sinuosamente dentro di me. Poteva udire il sottile fruscio del tessuto mentre la sua camicia e i suoi pantaloni si muovevano con il suo corpo. Si sforzò di non perdere il senso di ciò che stava facendo. Non è una storia d’amore. È solo un ballo. Non significa niente per lui. Oh, ma significava qualcosa per lei. “I Swear” degli All-4-One suonava in sottofondo, passionale e romantica, la poesia delle sue parole la avvolse come una confortevole coltre di beatitudine. Erin mormorò la melodia tra sé e sé con voce sommessa, incidendo quel momento perfetto nella propria memoria.

* * *

Sean poteva vedere l’effetto che stava avendo sull’amica di sua sorella. Forse non è una buona idea. E se la sua timida cotta per me si trasforma in una completa infatuazione? Non è una buona cosa. E non era certo fra le ultime ragioni il fatto che lui stesso non fosse così immune a lei come fingeva di essere. Il suo improvviso fascino celava un’attrazione piuttosto allarmante. Erin è carina, veramente carina, si rese conto. Scommetto che sotto il suo atteggiamento riservato ha un animo passionale. Altrimenti come potrebbe suonare così bene il suo strumento? Un giorno forse, quando sarà cresciuta, le chiederò sul serio di uscire. Ovviamente, se si fosse trasferita in Texas, forse non l’avrebbe rivista mai più. Quella notte sarebbe rimasta il semplice ricordo di una possibilità, incompiuta ma mai dimenticata, a cui pensare di tanto in tanto con piacere e un pizzico di rimpianto.

Uhm, non è buona cosa relegare questa serata al ricordo prima ancora che sia veramente iniziata. Sean voleva che Erin si divertisse, quindi la strinse un po’ di più. Di certo non c’è niente di male. Devo avere abbastanza autocontrollo da poter ballare con una bella ragazza senza farmi coinvolgere, giusto? Però non era facile. Ogni volta che Erin spingeva il proprio corpo contro il suo, la sua abilità a ricordare perché questo non fosse reale subiva un colpo, soprattutto ora che lei era più a suo agio con lui. Mentre minuto dopo minuto la sua timidezza svaniva, permettendo al suo adorabile spirito di trasparire, Sean si trovava incantato. Ho sempre saputo che Erin era carina, ma solo perché Sheridan non ha tempo per gente abietta o finta. Non mi ero mai accorto di quanto fosse davvero speciale. Per quanto ci provasse, non era in grado di mascherare la sua crescente ammirazione, e dal luccichio di speranza negli occhi di lei, Sean poteva dire che lo percepiva, e che le piaceva. Ora sono veramente nei guai.

* * *

In questo modo Erin e Sean trascorsero una piacevole serata. Ballarono insieme diverse volte, e quando le canzoni si facevano troppo veloci, si portavano verso i confini della stanza e guardavano, conversavano, bevevano insieme e in generale si divertivano.

Più o meno a metà della serata si presentò un’altra canzone veloce ed Erin fece una faccia sorpresa. “Ma ci credi che stanno passando una canzone del genere al liceo?” chiese a Sean, facendo un cenno con la mano diretto verso l’offensivo speaker. “Che volgarità.”

Morte di Natale - Mark L'Estrange

Ciò Che Mi Ossessiona

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